Di cosa è fatta una protesi?

Leghe metalliche, ceramica o materiali anallergici: le protesi ortopediche possono essere costituite da diversi materiali a seconda delle esigenze del paziente e delle preferenze del chirurgo. In ogni caso i progressi tecnologici fatti in questo campo negli ultimi decenni stanno garantendo sempre minor usura dei materiali oltre che una durata degli impianti sempre più lunga. Vediamo più nel dettaglio partendo da un po’ di storia.

Le protesi ortopediche nella storia

La storia delle protesi ortopediche si perde nella notte dei tempi. L’esigenza primaria che si presentò fu quella di sostituire gli arti amputati per motivi sanitari o per traumi involontari con impianti artificiali. La protesi più antica mai ritrovata è quella di un alluce fatta in legno ed è  databile tra il 950 e il 710 a.C. I primi costruttori di protesi ortopediche furono gli Egizi che utilizzavano materiali quali appunto il legno o altre fibre vegetali.

Nel medioevo e nel rinascimento la medicina protesica fece passi da gigante e si iniziò a produrre protesi sempre migliori utilizzando materiali quali ferro, acciaio, rame o legno.

Il padre delle protesi moderne fu però il chirurgo dell’esercito francese Ambroise Parè che introdusse procedure di amputazione e di costruzione di protesi degli arti inferiori in ferro.

Oggigiorno, accanto alle protesi che sostituiscono in toto gli arti, utilizziamo sempre di più impianti in grado di replicare l’anatomia delle singole articolazioni che vengono dunque impiantate all’interno del corpo. Va da sé come la ricerca sui materiali si sia fatta sempre più decisiva in termini di:

  • funzionalità
  • capacità di integrazione con i tessuti del corpo
  • tollerabilità.

I materiali delle protesi d’anca

Al giorno d’oggi le protesi d’anca sono quasi tutte in titanio poroso, un metallo che possiede un’altissima resistenza alla corrosione (da questo punto di vista gli è superiore solo il platino) e un basso peso specifico, fattori che rendono la protesi resistente e leggera allo stesso tempo. La caratteristica porosità infine favorisce un’ottima integrazione ossea conferendo stabilità e longevità all’impianto.

Per le teste femorali prediligo utilizzare la ceramica con inserto in polietilene. L’accoppiamento polietilene/ceramica è estremamente vantaggioso perché possiede un modulo di scorrimento molto favorevole combinando bassissima usura ad alta resistenza nel tempo. Esiste anche la possibilità di accoppiamento ceramica/ceramica che risulta però più fragile e soggetto a rotture rispetto ad altri accoppiamenti, sebbene teoricamente più resistente ad usura. 

Ormai quasi del tutto abbandonato è l’accoppiamento metallo/metallo: l’attrito tra le componenti protesiche in questo caso può rilasciare ioni metallici e dar luogo a metallosi, una sorta di avvelenamento da metalli che può causare problematiche significative fino addirittura al fallimento della protesi.

E le protesi di ginocchio?

Il materiale maggiormente utilizzato per le protesi di ginocchio è la lega di cromo-cobalto (CrCo), un tipo di acciaio che permette di creare le componenti metalliche della protesi con processi di microfusione (il metallo incandescente viene colato in appositi stampi). A differenza del titanio, la lega cromo-cobalto contiene una certa percentuale di nichel tale da richiedere uno specifico trattamento al fine di renderlo anallergico. Le aziende produttrici di protesi sono sempre più impegnate nel trovare soluzioni che possano sostituire la lega cromo-cobalto per i pazienti allergici: sono così nate protesi in oxinium/titanio o in materiali creati appositamente come il titanio ceramizzato.

Per favorire lo scorrimento tra le componenti protesiche, anche nel caso delle protesi di ginocchio si utilizzano inserti in polietilene che fungono da veri e propri “cuscinetti” interposti tra le componenti tibiale e femorale. Il polietilene non è una normale plastica bensì un polimero speciale che presenta un bassissimo coefficiente di attrito rendendolo adatto a questa funzione.

Protesi e pazienti allergici

Come accennato qui sopra, nel passato l’allergia al nichel rappresentava un problema significativo per i pazienti candidati all’impianto di protesi. Non si tratta di un evento così raro: alcuni studi danno un’incidenza di questo tipo di allergia di circa il 10%. Si tratta di un fenomeno, diffuso a livello globale, dovuto probabilmente a un aumento generalizzato delle risposte agli inquinanti presenti nell’atmosfera e nei materiali di uso quotidiano.
Al giorno d’oggi siamo in grado di curare senza rischi con protesi ortopediche anche i pazienti allergici grazie all’evolversi degli studi sulle tecnologie dei materiali. In base all’anamnesi e alla storia clinica del paziente si può accertare se in passato sono sorti problemi con i metalli ed eventualmente prevedere una valutazione allergologica. Per il chirurgo è fondamentale sapere se il paziente presenta una predisposizione di questo tipo in modo da impiantare componenti protesiche compatibili con il tipo di allergia eventualmente accertata.