Gli impianti protesici hanno una durata limitata nel tempo. Benché sempre più longevi, dopo un certo periodo di tempo, che può variare da paziente a paziente, le protesi di ginocchio hanno la necessità di essere sostituite. Oltre all’età dell’impianto, anche altri fattori possono rendere necessario l’intervento di revisione. Ve lo spiego nel dettaglio in questo articolo.
La protesi di ginocchio
Quando parliamo di protesi di ginocchio ci riferiamo alla sostituzione, totale o parziale, dei compartimenti articolari del ginocchio danneggiati dall’artrosi, con un impianto artificiale. I compartimenti articolari che possono essere sostituiti sono tre:
- mediale
- laterale
- femoro-rotuleo.
Quando eseguiamo la sostituzione di tutte le componenti articolari parliamo di protesi totale mentre quando è un solo compartimento a essere sostituito si parla di protesi monocompartimentale. In alcuni casi limitati è anche possibile sostituire due dei tre compartimenti articolari: se la degenerazione del tessuto osseo non si è ancora estesa a tutta l’articolazione è infatti possibile evitare la protesi totale come già vi ho spiegato qui.
Durante l’intervento di protesi, che si svolge in anestesia spinale, viene rimossa la parte di osso danneggiata dalla patologia e in seguito sostituita con un impianto metallico che riproduce l’anatomia del ginocchio.
I materiali maggiormente utilizzati nella protesica di ginocchio sono leghe di cromo – cobalto – molibdeno. Nella parte esterna, non direttamente a contatto con l’osso, è presente il nichel. Questa lega metallica oggigiorno consente un ottimo scorrimento, un minimo attrito tra le componenti e dunque un’ottima durata dell’impianto. Esistono oggi particolari protesi nichel free che, utilizzando altri materiali come il titanio o la ceramica, sono in grado di soddisfare le esigenze dei pazienti allergici.
La ricerca sui materiali ha garantito una durata degli impianti protesici sempre maggiore, fino a vent’anni o più. A incidere in maniera significativa sulla durata degli impianti non sono soltanto i materiali di cui sono costituiti, ma anche gli stili di vita adottati dal paziente oltre a eventuali traumatismi.
Quando e perché sostituire una protesi di ginocchio?
Il campanello d’allarme che può significare la necessità di un intervento di revisione è la comparsa di una sintomatologia specifica che comprende l’aumento improvviso del dolore, il gonfiore, l’arrossamento della zona interessata e il peggioramento della funzionalità dell’impianto. Questi sintomi possono indicare che la protesi è ormai troppo vecchia, ma possono anche essere legati a problematiche di tipo diverso come:
- infezioni
- progressione dell’artrosi o riacutizzazioni di patologie reumatiche in caso di protesi parziali
- fratture
- instabilità articolare
Per determinare se sia o meno necessario l’intervento di revisione è necessario, alla comparsa di questi sintomi, recarsi al più presto dal proprio ortopedico di fiducia il quale prescriverà esami del sangue specifici, accertamenti radiografici e un’eventuale scintigrafia ossea. Attraverso l’analisi dei sintomi e visionando gli esiti di questi esami si deciderà poi se intervenire o meno per sostituire l’impianto. Attenzione: esistono alcuni rari casi di usura dei materiali in cui il paziente è asintomatico. Se si possiede un impianto di protesi è opportuno, con cadenza regolare decisa in accordo con il proprio medico, sottoporsi a controlli per verificare lo stato dell’impianto.
L’intervento di revisione
Si tratta di un’operazione senz’altro più complessa di quella che si esegue per l’impianto di una prima protesi. In sede di intervento di revisione, il chirurgo deve occuparsi non solo della sostituzione della protesi, ma anche della gestione del tessuto osseo periprotesico e dei tessuti molli circostanti già in parte “traumatizzati” dal primo intervento e dalla nuova problematica che ha reso necessario la revisione.
Oggigiorno l’utilizzo più frequente delle protesi monocompartimentali rappresenta un vantaggio nel caso di revisione perché lo rende decisamente più semplice, quasi paragonabile a quello di un primo impianto. Inoltre, i miglioramenti tecnologici dei materiali e l’utilizzo di tecniche chirurgiche sempre più avanzate hanno reso meno rischioso l’intervento. La “cultura della prevenzione” ha infine fatto la sua parte: i controlli periodici, il ricorso a terapie di supporto e la cura dello stile di vita hanno contribuito a rendere gli interventi di revisione sempre meno rischiosi e in ultima analisi più semplici da affrontare sia per il chirurgo che per il paziente.