Sebbene sempre più resistenti e longevi, anche gli impianti di protesi d’anca hanno una durata limitata nel tempo. In tali casi si rende necessario un intervento di revisione ovvero l’impianto di una nuova protesi al posto di quella vecchia. Ma l’età non è il solo motivo che può rendere necessaria la revisione. Vediamo insieme.
La protesi d’anca
Quando parliamo di protesi di anca ci riferiamo alla sostituzione delle componenti dell’articolazione coxo-femorale con impianti artificiali. Le componenti che vengono sostituite/rivestite durante l’intervento di artroplastica dell’anca sono due:
- la testa del femore
- l’acetabolo.
La componente femorale viene inserita all’interno dell’osso del femore tramite uno stelo mentre la parte acetabolare, definita cotile, è rappresentata da un’emisfera cava alloggiata nel bacino. Le due componenti articolano tramite una testa artificiale che riproduce la testa del femore del paziente.
I materiali utilizzati per l’impianto sono di diverso tipo, nella maggior parte dei casi si tratta di metalli o leghe metalliche. Il titanio è attualmente il metallo più utilizzato per quanto riguarda lo stelo e il cotile. Grazie alla sua struttura tridimensionale garantisce un’ottima integrazione ossea a lungo termine ma anche un’ottima stabilità primaria dell’impianto oltre ad essere anallergico. La lega in cromo-cobalto viene destinata invece ai pochi casi in cui si decida di usare una protesi cementata in virtù delle caratteristiche ossee e anatomiche del paziente. Per quanto riguarda la testa della protesi nel 99% dei casi attualmente viene utilizzata una particolare ceramica che garantisce notevole longevità nel tempo e bassissima usura.
Gli studi che sono stati fatti negli ultimi anni sui materiali hanno reso possibile un allungamento sempre maggiore dei tempi di durata della protesi. Oggigiorno ci capita di visionare protesi che sono state impiantate trent’anni fa. Certo, lo stile di vita del paziente ha un impatto notevole sulla durata della protesi: attività pesanti, cattiva alimentazione, microtraumatismi, sport, vizio del fumo sono solo alcuni dei fattori che possono diminuire la durata degli impianti.
Quando la protesi “scade” cosa occorre fare?
Si può affermare quindi che le protesi, per quanto sempre più longeve, abbiano una durata limitata nel tempo: in questi casi si rende appunto necessario l’intervento di revisione che consiste nella sostituzione del vecchio impianto con uno nuovo. L’età dell’impianto non rappresenta però l’unica causa di revisione di protesi. Un secondo intervento può essere necessario anche in altri casi, non molto frequenti, ma possibili, come ad esempio:
- lussazione della protesi
- infezioni
- frattura del femore
- rottura o usura delle componenti protesiche.
Quando una protesi è da revisionare sono in genere presenti alcuni sintomi quali dolore al carico o alle rotazioni – che talvolta può coinvolgere anche l’arto inferiore fino al ginocchio – rossore, gonfiore e sensazione di aumentato calore nella zona interessata, differenza di lunghezza degli arti. La diagnosi definitiva viene posta in base agli esiti dell’esame radiografico, alla clinica del paziente e ad alcuni esami aggiuntivi come esami ematici, TAC, RMN o scintigrafia ossea. Tali esami spesso sono necessari per evidenziare mobilizzazioni dell’impianto, qualità dell’osso residuo e possibili infezioni.
Vi sono però alcuni casi di iniziale usura dei materiali protesici in cui il paziente è asintomatico. In questi casi si deciderà col paziente, valutando singolarmente caso per caso, se procedere ugualmente alla sostituzione protesica o attendere la comparsa dei sintomi.
In sede di intervento di revisione il vecchio impianto viene rimosso, si ricostruiscono l’osso residuo e i tessuti molli se necessario e le nuove componenti protesiche vengono re-impiantate nell’osso. Prima di queste procedure è fondamentale che il chirurgo valuti con attenzione la qualità dell’osso che, specie nei pazienti più anziani, è di solito molto inferiore rispetto a quando è stato effettuato il primo intervento.
Problematicità degli impianti di revisione
L’intervento di revisione è senza dubbio più complesso e tecnicamente più difficile rispetto a quello di un primo impianto. Innanzitutto comporta tempi operatori più lunghi e vie d’accesso più estese o multiple, inoltre può comportare maggiori perdite ematiche e maggiore rischio di complicanze a seconda dello stato in cui si trova l’articolazione al momento dell’intervento. Lo stato dell’impianto al momento dell’operazione è un fattore determinante: più la situazione è critica, più complesso sarà l’intervento. Per questo motivo, una volta stabilita con certezza la necessità dell’intervento di revisione, quello che mi sento di consigliare è di non rimandarlo troppo a lungo proprio perché una condizione di partenza migliore determinerà una minor complessità in sede chirurgica e un’aspettativa di vita della protesi maggiore.